venerdì 15 aprile 2016

VOLA TEDESCO VOLA

                                    

Descrivere la grandezza calcistica di Rudi Voeller in poche righe è praticamente impossibile. Il suo fiuto del gol, il suo essere uomo squadra in quella Roma dei primi anni '90, galleggiante ma fiera, che si fondeva con una Curva Sud continuamente colma di gente, colori e di amore è probabilmente ancora oggi qualcosa di emozionante e di difficilmente descrivibile. 

Difficilmente descrivibili, a distanza di tanti anni, sono le emozioni dell'edizione 90-91 della vecchia Coppa Uefa in cui il nostro Rudi dimostrò di essere un autentico campione del mondo contribuendo a portare la Roma a un passo dal trionfo continentale e aggiudicandosi con merito il titolo di capocannoniere della competizione.

                                     

In una stagione travagliatissima nella quale la Roma venne prima segnata dal caso Lipopil e poi dalla scomparsa del Presidente Dino Viola, la squadra di Ottavio Bianchi, nonostante un deludente nono posto in campionato, diede il meglio di se nelle altre due competizioni, Coppa Italia (vinta) e Coppa Uefa, rischiando di aggiudicarsi un "double" che sarebbe entrato nella leggenda.

Nella rassegna europea, dopo il durissimo doppio confronto ai trentaudesimi contro il Benfica di Eriksson, i giallorossi si trovano davanti un altro avversario ostico, gli spagnoli del Valencia. Nella partita di andata disputata in un rovente "Mestalla", Rizzitelli salva la Roma dalla sconfitta e, nel retour match dell'Olimpico prima Giannini e poi Voeller (rigore) blindano la qualificazione agli ottavi di finale rendendo vano l'acuto di Fernando che, nel finale, accorcia le distanze per gli spagnoli. Se nei primi due turni della competizione i giallorossi si distinguono in particolar modo per l'orgoglio gettato in campo, nel doppio confronto che vede opposta la squadra di Bianchi al Bordeaux, arrivano anche i gol che consentono alla Roma di cambiare marcia.

                                    

E il protagonista indiscusso della gara di andata, di fronte a una Curva Sud in grande spolvero, è proprio Rudi Voeller che, segnando una tripletta, guida i giallorossi verso un inaspettato 5 a 0 (gli altri due gol sono di Gerolin) contro un avversario alla vigilia temuto per un paio di giovani talenti "baschi" che rispondono al nome di Didier Deschamps e Bixente Lizarazu. La Roma, galvanizzata dal risultato, domina anche la partita di ritorno allo Chaban-Delmas, dove ancora Voeller (rigore) e Cicciobello Desideri stendono gli "Atlantiques" per il ko definitivo.

Dopo la pausa invernale arrivano i quarti di finale contro i temutissimi belgi dell' Anderlecht di Lulù Oliveira e della promessa (mai sbocciata) Lamptey. A Roma finisce 3 a 0 in un tripudio di gioia ma la partita da incorniciare è quella di ritorno al Parc Astrid di Bruxelles dove, in uno stadio colmo di tifosi romanisti, il "Tedesco volante" prende in mano la squadra siglando un'altra clamorosa tripletta, oscurando le inutili reti dei bianco-malva segnate nel finale da Kooiman e dallo stesso Lamptey.

                                     La Curva Sud

La semifinale oppone la Roma ai danesi del Broendby, un avversario poco conosciuto ma fisicamente molto tosto che tra i pali schiera un giovane Peter Schmeichel, futura leggenda del Manchester United e della Danimarca vincitrice degli Europei di Svezia '92. La gara di andata al Brondby Stadium termina a reti inviolate e tutto si deve inevitabilmente decidere quindici giorni dopo in uno Stadio Olimpico in cui sciarpate e fumogeni rendono il contesto epico. La partita è dura ma al 33' Rizzitelli sblocca il risultato. Nei minuti successivi la Roma sembra gestire la situazione attendendo gli avversari per scatenare il contropiede. Poi, al 62', su una ripartenza dei danesi, la sfortunata autorete di Nela. L' 1 a 1 qualifica il Broendby e la Roma deve mettere in campo tutto ciò che le rimane: grinta, cuore e sudore. I giallorossi si riversano nell'area avversaria ma i danesi si coprono bene, resistono. Nel frattempo il cronometro corre all'impazzata...70'..80'..85'...e con lui fuggono le speranze di raggiungere una finale europea dopo sette anni. La stanchezza favorisce la rassegnazione e in area non arrivano quasi più palloni giocabili. L'ultima chance si concretizza a tre minuti dal fischio finale: lancio di Pellegrini III, mischia furibonda in area danese, tiro di Desideri e paratona di Schmeichel che però non trattiene. La palla, come si direbbe oggi, rimane "viva". Il portiere è a terra. Rizzitelli e Voeller si avventano in spaccata sulla sfera. Serve un colpo di reni in più. Mischia...tocco di punta ed è gol! 2 a 1 e la Roma vola in finale. La rete decisiva viene attribuita a Rudi Voeller che nella bolgia dell'Olimpico segna il decimo sigillo europeo e trascina i giallorossi in finale.

                                    

Già...la doppia finale contro l'Inter del Trap. Dopo il Liverpool, un altra beffa patita tra le mura amiche. Sarebbe stata la ciliegina sulla torta per la carriera di Rudi Voeller, un grande romanista che giusto nell'estate del '90, alzando al cielo la coppa del mondo nel "suo" stadio, sintetizzò il tutto con teutonica risolutezza definendolo "un sogno diventato realtà".

Tanti auguri "Tedesco Volante" e cento di questi giorni!



Anderlecht - Roma 2 - 3



Il gol di Voeller in Roma Broendby 2-1 (Coppa Uefa 90-91)

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