Espugnare il "Marassi"
non è mai stata una missione troppo facile per i colori giallorossi. Sia contro
la Samp , sia contro
il Genoa. Per quanto riguarda la cronologica novela dei match disputati nella tana del Vecchio
Grifone il coefficente di difficoltà si è sempre rivelato molto alto perfino
quando la Roma
di Liddas, in una gloriosa giornata di maggio dell'83, conquistò il secondo
scudetto proprio sul campo genovese dopo aver impattato per 1 a 1. A quella pagina fecero
seguito, tra gli alti e bassi calcistici dei genoani, i gol di Nippo Nappi,
romanista sfegatato che amava vendicarsi contro la sua squadra del cuore, quelli
di Palacio e di Patatino Paloski, autori di un’incredibile “remuntada” che
segnò la fine di Claudio Ranieri, quello all’ultimo minuto del modesto Pavel
Kucka il quale tirò un irrispettoso e glaciale sgambetto all’altezzoso Luis.
Pertanto, poche partite hanno
quel non so che di romantico e calcisticamente magico come quel Genoa – Roma 2 a 4 in cui trasuda ancora oggi tutto
il perverso fascino di Zeman II, una romanzo sportivo pieno di eroi negativi
quanto affascinanti. L’inizio di gara è a dir poco devastante per i giallorossi.
Un film horror con la squadra di De Canio già sul 2 a 0 dopo un quarto d’ora di
gioco grazie agli acuti del solito Kucka e a Jankovic (che colpisce pure un
legno). Il Boemo rimane ovviamente imperturbabile come un ghiacciolo lasciando le
urla e gli sbracciamenti al fido Cangelosi. Il medico gli ha imposto pure di
non fumare più in panca e quindi il Maestro non può neanche rompere la tensione
ricorrendo al suo hobby preferito dopo il calcio. Si teme un’imbarcata
umiliante come già avvenuto qualche giorno prima in casa della Juve ma,
improvvisamente, avviene uno di quei paradossi calcistici che possono
verificarsi, nel bene e nel male, soltanto con Sdengo seduto in panchina. Tutto
d’un tratto er pòro Piris si ricorda
di essere un giocatore di pallone e lancia Totti in area, girata di destro al
volo del Capitano e un ormai bolso Frey è battuto.
Sono passati soltanto 27
minuti di gioco ma l’impressione sempre più nitida è quella di ritrovarsi di
fronte a una partita di quelle pazze. 44’: la Roma continua a premere e questa volta è Totti a
ricambiare il favore innescando Pirissetto che, di prima, centra in area per
Osvaldo. Un mezzo Scorpione e Frey va di nuovo a raccoglier palla in fondo al
sacco. 2 – 2! Non sto vedendo la partita ma, avvertito il boato al di fuori del
ristorante in cui sto cenando, mi affido alla radio del mio cellulare e quando
ascolto il risultato mi rendo conto che era la Roma a star sotto di due gol. Secondo tempo: il
Genoa accusa il colpo e il calcio di Zeman si propaga nel rovente ambiente di
Marassi come l’acqua impetuosa scaturita da un tubo rotto dalla pressione della
stessa. Al 56’angolo battuto da Florenzi. Ne viene fuori una palla pennellata sul
capoccione di Osvaldone che buca la porta del Grifone per la terza volta. Una
sconfitta già scritta che si trasforma in una inaspettata “remuntada” giallorossa.
“Feliz dia mà!Te amo” recita la maglia che l’ariete argentino porta sotto la
casacca. Gli auguri di compleanno alla madre. Sicuramente portano meglio del “Vi
ho purgato anch’io” esposto in un derby. Zeman continua a rimanere glaciale. Tutti
gli saltano addosso, persino quella sfinge di Stekelenburg, un pò come quando i
bambini salgono a far bisboccia sopra una quercia rugosa e piena di saggezza ma
lui è lì. Fermo e monoespressivo. Non è finita. A fargli da contraltare ci
pensa il campo, il gioco, la velocità, le verticalizzazioni che fino a quella
sera erano latitante in quello spicchio iniziale di stagione. Il Vecchio
Grifone tracolla e, rimasto in dieci per un infortunio occorso a Borriello, va
definitivamente ko sul sinistro al volo di Erik Lamela che blocca lo score sul
definitivo 2 a
4. Marassi è espugnato e io mi ritrovo in fuga dal ristorante alla disperata
ricerca di qualche highlight della partita con buona pace della mia compagna
laziale. A quel Genoa – Roma seguirà qualche sconfitta cocente (Parma e Lazio
su tutte), un filotto vincente culminato nei quattro gol rifilati al Milan all’Olimpico
fino all’ammutinamento e alla disastrosa papera di Goicoechea contro il
Cagliari che porrà la mesta fine al sogno proibito di Zeman II.
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