lunedì 31 ottobre 2016

ESTETICA DEL CALCIO: LA MOSSA DELLA DISPERAZIONE



Metti una partita che stenta a sbloccarsi o in cui la tua squadra è in svantaggio. Metti che la coperta è corta e mezza squadra è infortunata. Mettici pure che si è fermato ai box anche "Kulovic". In quei momenti decisivi, quando l'adrenalina è a diecimila e dalla panchina vola qualche improperio di troppo, beh...è proprio lì che l'allenatore deve trarre il dado come Giulio Cesare sul Rubicone. 

E'il momento della mossa della disperazione ovvero far entrare un giocatore che, già si sa, non potrà invertire le sorti di una gara nata male ma che magari, buttandola sul fisico e la caparbietà, potrebbe fare un eventuale miracolo calcistico. 

Edgar Alvarez detto "Alvaretto"

A Roma di queste mosse ne conosciamo tante, specialmente durante la gestione Spalletti I e II. Famosa, una decina d'anni fa, era quella con cui Lucianone si affidava al mitico Edgar Alvarez detto Alvaretto e alle sue sgasate sulla fascia. Spesso e volentieri il piccolo esterno dopo aver creato un disordinato scompiglio tra le maglie avversarie finiva puntualmente per ruzzolare in terra ma qualche volta, come in un accesissimo Roma-Cagliari giocato a Rieti, il nostro risultava essere decisivo per davvero.

Shabani Nonda


Altra mossa della disperazione era quella di ricorrere al Shabani Nonda. L'attaccante congolese era bravo ma giunse a Roma più rotto di Vermaelen. Sulle prime segnò qualche gol importante, poi veniva messo soltanto come arma per tentare la giocata disperata in caso di dover rimediare a una sconfitta con risultati spesso non convincenti.  

Luis Henrique dà le ultime istruzioni a Borini prima dell'ingresso

Poi vennero i vari Heinze, Borini, Iturbe e, a volte, anche Francesco Totti. Tuttavia nel caso del Capitano la mossa della disperazione si è rivelata quasi sempre vincente. In fondo il bello dell'estetica calcistica è quello di essere perentoriamente smentiti. E voi quante mosse della disperazione ricordate?


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